Doloroso, angosciante, eppure capace di aprire un meraviglioso squarcio di speranza, l’unico paragone italiano che trovo a questo film è con l’Amelio de Le chiavi di casa. Poi, ci sono il Cuculo di Forman, il dolce omaggio a Thelma e Louise, una magnifica intesa fra Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi.
Dolenti, piegate da drammatici fallimenti esistenziali, raramente Donatella e Beatrice sono lucide, il loro tempo è sedato da pasticche e gocce che dovrebbero mantenerle in equilibrio.
Beatrice è altezzosa e snob, impicciona e logorroica, viene da una famiglia ricca e ama il lusso. Donatella era una cubista, schiantata dalla sottrazione del figlio, dopo un tentato doppio suicidio. Entrano in contatto in una comunità terapeutica nella campagna toscana, dove la società scarica donne “disturbate”: nella grande casa, si mescolano attori e malati veri. È il 2014, alla vigilia dell’annunciata chiusura degli Ospedali Psichiatrico-Giudiziari (in quell’inferno, Donatella farà in tempo a…